Poesie satiriche

LA CARTA BOLLATA

Due carte bollate sovrapposte
facevan progetti per la vita
nello scaffale della privativa
davanti all’Ufficio delle Imposte.

Si ritrovarono, gialle per il tempo
dopo vent’anni di peregrinazioni
in un veccchio locale macilento
dentro una cartelletta di cartone.

Si fecero i saluti che nel caso
son necessari fra vecchie conoscenze
e si guardarono arricciando il naso
quasi restie a farsi confidenze.

Disse la prima:
Il suo ricorso scrisse un poveraccio
e mi macchiò e sporcò come uno straccio
e fui presto derisa e messa via
per un piccol error d’ortografia.

Oh! poveretta disse la comare
io nella vita ho ben saputo fare,
scritta con cura fui dall’impiegata
e poi dal capoufficio accarezzata
e timbri e firme e lodi ricevetti
e poi tanta attenzione
come fossi sul podio un gran campione
e fu respinta proprio grazie a me
la pratica seicentotrentatre.

Disse quell’altra, tirandosi da parte,
la pratica son io con tutte l’altre carte.
1968

IL SORPASSO

La grossa cilindrata
suonò con forza
a chiedere il sorpasso
sfrecciò schernendo
il piccolo automezzo
e poi scomparve
come fosse un razzo.
Dopo mezz’ora e più
di lento andare
col fiato in gola
tutta zoppicante
la vecchia carriola
traballante
giunse a una curva
dove accartocciata
senza le ruore
e mezza bruciacchiata
se ne stava
la grossa cilindrata.
Ebbe un sussulto
e pensò che in fondo in fondo
non è dei grandi
neppure questo mondo.
1968

IL MANICOMIO

Un tizio dal balcone rimirava
la gente per la strada affaccendata
chi da una parte chi dall’altra andava
tutta con fretta tutta all’impazzata.
Un vigile nel mezzo della piazza
facea la marionetta senza fili
ed una donna di notevol stazza
mostrava compiaciuta i suoi profili.
Volse lo sguardo triste e rassegnato
sporgendosi un tantino dal balcone
e lesse piano, dondolando il capo,
manicomio era scritto sul portone.
1968

IL COMIZIO

E’ un caldo pomeriggio
di festa e di comizi.
Il “Personaggio” espone
con studiata potenza
le sue idee.
Poca la gente che l’ascolta,
qualcuno condivide.
Certo più saggio
un cagnolino in fondo
alza la zampa
a fare i suoi bisogni.
1970

IL TARLO

Per prima cosa scrivo al Segretario
che fra le rispettabili persone
preposte agli interessi della gente
è quella che comanda veramente.
Fa tutte le cartacce in bella copia,
nero su bianco e tanto di tangente
detta “diritti di segreteria”
quattrini trasferiti legalmente!
Permette, mi presento,
sono il Tarlo
rodo con calma le gambe al seggiolone
della sala più grande del Comune.
Stridula voce, alta nel silenzio,
per tediosi giorni
scompaio nel clamore del Consiglio
a mo’ di chi comanda
e non si vede.
E’ strano che i “Maggiori” del Comune
mi dian la caccia con veleni vari,
in fondo, io da “Voi”,
non mi discosto
perchè non sciupo mai quella vernice
che serve a tenere ben nascosti
i fori miei e le magagne vostre.
Solo mi fa un po’ di compassione,
in questa grande casa padronale,
il pover Consigliere Comunale
che fa da finta mensola al balcone.
Gennaio 1970

LE ELEZIONI DELLE FORMICHE

Il popol di formiche
fu chiamato a Consiglio
e disse il Formicone:
per esser democratici
anche noi faremo
regolari elezioni.
Parlò dal suo cantuccio
un’ umile formica:
per chi devo votare
per non votare male?
Rispose il Formicone:
la libertà di voto
esiste, non lo sai?
ma se non voti bene
che cosa mangerai?
Fu eletto il Formicone
con grande maggioranza
fu fatta una gran festa
si bevve in abbondanza.
Passato qualche tempo
senza miglioramento
la povera operaia
andò dai sindacati
a chieder cosa fare
per essere pagati.
Rispose la formica
che stava dietro il banco
che certo era un diritto sacrosanto
ma se avesse portato
un chicco di frumento
poteva prima esporre
il suo caso in Parlamento.
Pagò il suo chicco allora
al buon sindacalista
la povera formica
ma dei reclami lunga era la lista
e fu inutil fatica.
Decisa a far giustizia
andò da un conoscente,
un ricco possidente
che disse alla formica:
di grossa economia
certo è molto occupata
tutta la gerarchia,
però un favore ho fattto
a un piccol dipendente
che nei pubblici uffici
ha fama di valente;
con due chicchi di grano
da dare all’impiegato
e tre per il suo capo
le cose tutte appiano.
Pagata la tangente
ottenne finalmente
di avere gran decoro
nel numer di coloro
che son “benefattori”
perchè fanno le scelte
per i lavoratori.
E giunte le elezioni
votò pel Formicone
dicendo alle compagne,
quasi morte di fame,
di avere ancor pazienza
perchè per l’alluvione,
la congiuntura, il piano,
l’aumento di pensione,
v’eran grossi problemi
in tutta la nazione.
E vinse il Formicone
con grande maggioranza
fu fatta una gran festa
si bevve in abbondanza.
1968

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